T-SHIRT 917 MARGARITA BABY
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Porsche 917/20 Pink Pig 1971: maiale da corsa
Le Porsche 907, 908 e la prima versione della 917 erano tra loro simili. La 907 del 1967, sviluppata in galleria del vento, aveva ottenuto un cx ridicolo, una potenza straordinaria per la cilindrata di soli 2,2 litri. La 908 era molto legata alla 907 e la prima 917 fu un’evoluzione della 908. La 917 si dimostrò inizialmente poco competitiva: era fin troppo performante e soffriva di problemi di stabilità alle alte velocità. Porsche aveva giocherellato con le sospensioni e modificato tarature ed escursione degli ammortizzatori, ma non aveva scoperto la causa. Solo nell’ottobre ’69 fu finalmente verificato che il problema era di natura aerodinamica. Nei mesi invernali fu definita ‘in casa’ la 917K a coda corta e fu sviluppata, su indicazione di Ferdinand Piëch, una nuova 917 con coda lunga ma – contemporaneamente – venne chiesto un ulteriore parere alla società di consulenza tecnica francese S.E.R.A. (Societe d’Etudes et de Realisations Automobiles) che portò avanti uno studio in autonomia.
917 LH. Rispetto alla 917 mk1 rimasero immutati solo tetto, porte e parabrezza: il resto fu oggetto di modifiche. Il frontale fu allargato così da ottenere una sezione frontale più bassa. Lo studio dei passaggi d’aria definì una forma simile alla 917 mk1. La carrozzeria fu allargata in coda, modificato il flusso sopra il motore, la forma degli archi ruota e la parte finale del posteriore, che terminava con un delicato rialzo che creava un piccolo spoilerino. La nuova forma (917 Langheck o 917 LH) poteva essere integrata con piccole pinne verticali. Ai test per Le Mans dell’aprile 1970 la nuova 917 LH superò i 360 km/h ma palesava ancora problemi di stabilità: oltre 320 orari il musetto si sollevava. Vic Elford e Kurt Ahrens corsero la 24 Ore in testa per diciassette ore prima di essere messi fuori dalla rottura di una valvola. Vinse una K. La LH con carrozzeria “hippie” blu, verde e viola fu seconda ma a ben cinque giri di distanza.
917 LH MK2. Dopo la corsa i test ripresero subito. La parola d’ordine per Le Mans ’71 era stabilità e aumento della velocità in curva. Furono ancora allargati i passaruota posteriori e tutta la coda nonché modificati gli archi ruota, appiattito il muso, aggiornato l’assetto e l’escursione delle sospensioni, irrigiditi gli ammortizzatori, rinnovate le prese d’aria anteriori e i fari.
PINK PIG. Nel frattempo la S.E.R.A aveva portato avanti il suo studio. La società, che aveva partecipato al progetto Langheck, aveva affidato allo specialista Robert Choulet lo studio di una nuova forma di carrozzeria per la 917. L’obbiettivo era ottenere il coefficiente di penetrazione di una LH e la spinta al suolo di una 917K. Ne derivò la 917/20, una versione a metà strada tra le due. Questa 917, costruita in un unico esemplare per partecipare alla 24 Ore di Le Mans, fu considerata una brutta auto da corsa: aveva il musetto ancora più rialzato e mancava il flap orizzontale della grande ala in coda; al suo posto le due piccole ali verticali della 917 K.
385 KM/H. Aprile ’71: alle prove sulla Sarthe la 917 LH era finalmente stabile, piantata a terra e velocissima (385 km/h sul rettilineo Mulsanne). La 917 con telaio in magnesio era solo lievemente più lenta e la 917/20, si qualificò settima in partenza. Tuttavia il Conte Rossi, numero uno della Martini, infastidito dalla sua forma tutt’altro che attraente, volle a tutti i costi portare attenzione su di lei. Fece verniciare la carrozzeria come le parti di un grande maiale da macellare, con i tratteggi nei punti del taglio. Nacque il mito di Pink Pig.
SOLO METÀ GARA. Reinhold Joest e Willi Kauhsen si lanciarono all’inseguimento dei primi e, nonostante due soste per riparazioni, riuscirono a risalire fino a conquistare, alla dodicesima ora, il terzo posto. Senonché vicino alla curva Arnage Joest sbagliò qualcosa e andò a sbattere. Fine gara e fine storia per Pink Pig. Oggi l’unica 917/20 costruita è esposta al Museo Porsche a Stoccarda.